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Channel: Socialist - Il socialista clandestino di Bobo Craxi » serverstudio
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SCHIFANI VUOLE LE ELEZIONI..

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Compito della maggioranza è garantire che in Parlamento il programma del Governo trovi la compattezza degli eletti per approvarlo. Se questa compattezza viene meno, il risultato è il non rispetto del patto elettorale. Se ciò si verificasse, giudice ultimo non può che essere, attraverso nuove elezioni, il corpo elettorale. È sempre un atto di coraggio, di coerenza e correttezza verso gli elettori”. Il presidente del Senato Renato Schifani, intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico del Collegio d’Eccellenza Lamaro-Pozzani, torna sul tema della coesione della maggioranza e sullo spettro delle elezioni anicipate.
Coesione e coerenza - “Non è solo dicendo dei no – ha sottolineato Schifani – che si potrà un domani realizzare una politica capace di condizionare e non più lasciarsi condizionare dagli eventi”. Per il presidente del Senato ”la politica come servizio alla comunità non può proporre la visibilità individuale come un valore”, ma il “presupposto morale che deve alimentarsi all’interno dei singoli partiti e tra gli stessi schieramenti avversari” deve essere la lealtà, ovvero “coerenza e rispetto verso il mandato ricevuto dagli elettori garantendo spazi di praticabilità nell’azione di governo”.


CRAXI INTERVIENE AL CONSIGLIO DEL PARTITO RADICALE TRANSNAZIONALE

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Bobo Craxi è intervenuto oggi al Consiglio del partito Radicale Transnazionale , su invito di Marco Pannella , assieme a mario raffaelli e pio Marconi. Craxi ha ricordato il fecondo rapporto di collaborazione che si instaurò durante la vittoriosa campagna per i diritti Umani che vide l’Italia promotrice della moratoria sulla pena di morte in seno alle nazioni unite spinta dall’iniziativa radicale. Inoltre Craxi che ha ricordato che fu il relatore della richiesta di ottenimento per il nostro paese del seggio nel consiglio dei diritti umani delle nazioni unite  , campagna anch’essa che ottenne un felice esito, potendo sempre avere alle spalle il sostegno fattivo del partito radicale transnazionale avanguardia nel mondo per la difesa dei diritti civili ed umani.

FINI IN PRIVATO SFOTTE BERLUSCONI..

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Qual è il parere (senza filtri) del presidente della Camera Gianfranco Fini sul pentito Gaspare Spatuzza che ha mosso accuse gravissime nei confronti del Premier Silvio Berlusconi? E cosa pensa realmente Fini del suo collega di partito? A queste due domande risponde una registrazione casuale passata attraverso alcuni microfoni lasciati accesi al termine di un convegno tenutosi a Pescara il mese scorso. Al Convegno, oltre a Fini, era presente anche il magistrato Nicola Trifuoggi. Tra i due uno scambio di battute schietto ed inconfondibile sul caso Spatuzza… e non solo. Il contenuto della conversazione è finito quasi immediatamente su Repubblica; facendo il giro del web in pochissimo tempo e causando imbarazzi malcelati all’interno dello staff dell’ex leader di An.
La scena è in pratica la seguente: Gianfranco Fini e Nicola Trifuoggi si trovano a scambiare diverse battute sulle dichiarazioni dell’oramai noto collaboratore di giustizia e, nella conversazione (che i due, come precisato, non sapevano essere registrata) scivola anche qualche considerazione non proprio gentile nei confronti del Primo Ministro. “Le indagi su Spatuzza devono essere condotte con estrema cautela“, commenta Fini. Motivo? “Perchè potrebbero far esplodere una bomba atomica“. Questo considerando che ”spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro dell’Interno, e di.. (in questo punto l’audio è disturbato e non si sente il nome pronunciato da Fini, ndr)… uno è vicepresidente del Csm, e l’altro è il presidente del Consiglio”. A queste considerazioni Trifuoggi risponde con un “pare che basti” e riceve subito conferma dal “si, pare che basti” del suo interlocutore.
Il Procuratore della Repubblica pescarese poi precisa che “però le indagini vanno comunque fatte” e si trova spalleggiato dal presidente della Camera che infatti commenta con un “ci macherebbe altro“. Come anticipato in incipit d’articolo, tra i due poi scappa qualche considerazione sul Premier.  Il primo a parlare è Trifuoggi:”E’ nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l’imperatore romano“. Fini allora precisa di aver fatto notare diverse volte al leader di Governo la  sua poco tollerabile tendenza al regime totalitario Ma lui, l’uomo, confonde il consenso popolare, che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorita’ di garanzia e di controllo… Magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, Capo dello Stato, Parlamento… Siccome e’ eletto dal popolo“. La battuta finale il presidente della Camera però la riserva al relatore del convegno Aldo Pecora il qule, ad un certo punto, dichiara “noi siamo di passaggio, qua nessuno è eterno, non si vive in eterno”…a quel puto Fini non riesce a resistere e si lascia andare ad una considerazione colorita “Se ti sente il presidente del Consiglio si incazza“.
Il fuorionda, almeno in apparenza, sembra non creare troppi imbarazzi allo staff del presidente della Camera. Il portavoce Fabrizio Alfano, infatti, para di coerenza della terza carica dello stato. Alfano infatti precisa che “il video fuori onda rilanciato da alcuni siti internet dà conto della coerenza delle opinioni del presidente della Camera dei deputati” e che “al di là dei toni colloquiali ed informali, dice in privato esattamente quanto afferma poi pubblicamente“. Ma, dichiarazioni di facciata a acqua sul fuoco a parte, all’orizzonte pare presentarsi un nuovo scandalo manipulite. La domanda a tal proposito par semplice: se accadrà sarà l’inizio di una nuova era maggiormente “pulita” o un secondo fatuo rinnovamento pronto, nel giro di qualche decennio, ad imputridirsi come quello post “94″?

Intervista a Bobo Craxi su Il Clandestino

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Intervista a Bobo Craxi:
• da Il Clandestino del 11 dicembre 2009

di Antonio Arabia

Si avvicinano le elezioni regionali. Craxi e i Socialisti Uniti cosa faranno?

Presenteremo una lista con il garofano in molte regioni d`Italia e daremo vita ad una coalizione insieme alla lista Pannella/Bonino e ai Verdi.
Che spazio c`è? Sarà una nuova Rosa nel pugno?
Le minestre riscaldate non sono mai buone. Solitamente le regionali non sono propizie per esperimenti in materia politica, ma molti italiani dalle ultime politiche non sentono una rappresentanza politica e noi ci rivogliamo a loro anche e soprattutto per il futuro. Quella Rosa nel Pugno fu un esperimento riuscito per metà che si arenò sull`idea di costruire qualcosa di più.
Con i radicali il rapporto è storico, vero?
Nasce nel 1987 con le liste comuni, poi è proseguito nel 1992 quando Pannella si mise a capo dei Laico Socialisti in Parlamento. Il nostro rapporto ha delle radici antiche.
Il governo in che stato di salute si trova? La fiducia in Berlusconi è immutata, meno quella di alcuni ministri?
I venti della crisi non sono stati spazzati via e l`impulso più naturale è quello della stabilità e governabilità. il mio giudizio non cambia. Non c`è nulla di significativo e nulla che abbia impattato sul Paese. Agli italiani non sfugge che viviamo in un momento storico particolare.
Il ruolo di Fini?
Ha accettato di fondersi nel Pdl e si sta ritagliando un profilo politico che lo separi da Berlusconi. Lui ha una vocazione nazional-popolare, ma non nel senso gramsciano del termine, mentre Fini è più legato ad una idea di destra conservatrice reazionaria.
Perche reazionaria?
Al di là della scoperta dei valori laici e di compassionevole tolleranza verso gli ultimi, non dovevamo aspettare Fini per scoprire l`uguaglianza tra razze diverse, bastava leggere la capanna dello zio Tom. Fini persegue un filone che fu presente anche all`interno del partito unico, e parlo di Mussolini: è un liberalismo post giolittiano conservatore espressione di una parte dei ceti medio-alto borghesi e naturalmente nazionalista e quindi di destra. Modificando quella che fu l`ispirazione di fondo dell`alleanza nazionale immaginata da Pinuccio Tatarella molto più simile al Pdl.
L`opposizione? Possibilità di accordi con il Pd di Bersani?
Regione per regione si potrà valutare. La nostra forza è di opposizione al centro destra e bisogna dare gambe all`alternativa. Questa nascerà solo dallo scontro all`interno del centro sinistra di tesi, programmi orientamenti e vocazioni che sono in molti casi divergenti. Se non precipita la situazione politica, in questi tre anni dobbiamo costruire qualcosa di realmente diverso al semplice ritorno del modello dell`unione. Senza un area laica, riformista socialista, ambientalista e radicale penso non sia possibile tornare a Governare il Paese.
Bersani è l`uomo giusto per il centro sinistra italiano?
Personale apprezzamento sulla figura dì Bersani, è stato un ottimo uomo di Governo. Scarseggia una linea del centro sinistra e capire qual è stata la causa del proprio fallimento. Vi saranno ulteriori scosse nel Pd se non miglioreranno alle regionali. Veltroni non si poneva il compito di governare ma di perdere ma contare di un ampio consenso sul suo campo.

SI SQUAGLIA NELLE CONTRADDIZIONI IL PENTITISMO DI MAFIA

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Siamo alle comiche. Il processo di Palermo stamattina s’è squagliato sotto le parole nette di Filippo Graviano e della serie di mafiosi trascinati in Aula a confermare le accuse del pentito Gaspare Spatuzza a Dell’Utri e Silvio Berlusconi. La deposizione del boss Graviano di fatto smentisce le affermazioni del pentito Spatuzza: “E dimostrano che si è alle “comiche”, ha detto il presidente del Consiglio, al termine del Consiglio europeo. Cala il sipario sull’aspirante pentito Spatuzza, che torna a essere un killer calunniatore.

Il boss mafioso Filippo Graviano ha deposto infatti questa mattina alprocesso d’appello a Marcello Dell’Utri, smentendo seccamente le presunte rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza.
In merito ai suoi rapporti con quest’ultimo  ha parlato chiaro.

“Nessuno può decidere per me, nè Spatuzza nè mio fratello Giuseppe. Io vi ho portato almeno due elementi. E cioé che nel ’94 non avevo nessun tipo di questi problemi per cui potevano farmi delle promesse. Avevo una condanna di soli quattro mesi.  Perché avrei dovuto chiedere aiuto?”, ha detto nel corso della deposizione.  “Non ho mai detto quelle cose a Spatuzza” ha detto poi riferendosi alle dichiarazioni di Spatuzza su un colloquio avvenuto nel 2004 nel carcere di Tolmezzo in cui, secondo il pentito, Graviano avrebbe detto: “Se non arriva nulla da dove arrivare possiamo pensare a parlare con i magistrati ma prima dobbiamo parlarne con mio fratello Giuseppe”.  Il boss Graviano prosegue nella sua deposizione: “Il discorso con Spatuzza sarebbe avvenuto nel 2004. Da allora sono passati cinque anni, se avessi voluto consumare una vendetta lo avrei già fatto. Ma queste cose mi sono estranee”.
E alla domanda del pg: “conosce il senatore Dell’Utri?” risponde secco: “No, non lo conosco e non sono mai stato a casa sua”.

Anche il boss Cosimo Lo Nigro smentisce Spatuzza
“Non sono mai stato a Campofelice di Roccella e i Graviano li ho conosciuti solo in carcere”, ha detto il boss Cosimo Lo Nigro, che ha accettato di deporre al processo Dell’Utri. Spatuzza aveva invece raccontato di avere partecipato, alla fine del ’93, a un incontro con Giuseppe Graviano e Cosimo Lo Nigro nel corso del quale il capomafia di Brancaccio gli avrebbe detto che era necessario fare l’attentato contro i carabinieri allo Stadio Olimpico di Roma “così chi si deve dare una mossa, se la dà”. Frase che il pentito interpretò come riferita a una trattativa in corso tra la mafia e una parte della politica che vrebbe dovuto accelerare una nuova strage..

È iniziato questa mattina in aula il processo d’appello a Palermo a carico del senatore Pdl Marcello Dell’Utri. “Tutto falso, ma giudicatemi perché non ne posso più: sono stanco, sono tutte cazzate e facciamola finita”, ha detto prima di incominciare, il senatore. Poi gli avvocati hanno chiesto di rinviare la deposizione attesa per oggi dei boss mafiosi Giuseppe e Filippo Graviano, detenuti con il regime del 41bis. I due sono chiamati a smentire o confermare le accuse del pentito Gaspare Spatuzza. Il rinvio della deposizione dei boss mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano è stato chiesto per un «condizionamento del processo dall’esterno» dopo avere appreso di un nuovo interrogatorio dei boss mafiosi Graviano «dopo l’interrogatorio del pentito Spatuzza a Torino».

CASINI SOGNA LE ELEZIONI E VUOLE IL FRENTE AMPIO CON DI PIETRO..

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Io mi auguro che questa partita non si giochi e che Berlusconi risolva i problemi del Paese. Ma se pensa di utilizzare la questione giudiziaria per trasformare la democrazia in una monarchia, attaccando Napolitano e la Consulta, avrà una risposta dura, netta e univoca. E ci saranno sorprese». Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, prende le distanze dal leader del Pdl e parlando a margine del congresso del Movimento cristiano dei lavoratori, a Roma, rilancia l’idea di un fronte democratico che si opponga al Cavaliere nel caso di una forzatura per il ritorno anticipato alle urne. E in questa coalizione anti-Silvio potrebbe trovare ospitalità anche l’ex leader di An, Gianfranco Fini. Casini non ne parla esplicitamente, ma risponde appunto di «sorprese» ai cronisti che gli fanno domande specifiche sul tema.

 

NO COMMENT DI FINI – Il diretto interessato dal canto suo, non conferma e non smentisce. «Credo che sia giusto, quando si rappresenta l’Italia all’estero o comunque in un consesso internazionale, astenersi da qualsiasi commento che riguarda la politica italiana» ha detto Gianfranco Fini a margine della riunione dei presidenti dei parlamenti Ue a Stoccolma, liquidando così i giornalisti che gli chiedevano un commento alle parole di Casini.

IL FRONTE ANTI-CAV – A lanciare l’ipotesi di un grande schieramento repubblicano in difesa della democrazia era stato lo stesso Casini dalle pagine della Stampa. Casini aveva anche precisato di essere pronto a fare fronte comune con Pd e Idv: «Innanzitutto dico che uno schieramento repubblicano dovrebbe interpellare le coscienze di tanti parlamentari della Pdl, che non credo possano accettare una deriva di questo tipo – aveva spiegato -. Aggiungo che una divisione del Paese così lacerante sarebbe perniciosa e mi auguro che Berlusconi non segua questa strada. Ma un caso del genere richiederebbe una risposta inedita rispetto a quelle che si sono prefigurate fino ad oggi. Osservo però che minacciare le elezioni anticipate non significa averle».

LE REAZIONI NEL PDL – Immediate le reazioni del centrodestra. Il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, parla di presa di posizione «sconcertante» e si dice convinto che «gli elettori Udc che sono dei moderati punirebbero senza appello una scelta di alleanza anche con Di Pietro e sinistra». Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl alla Camera eche proviene dalle fila di An, ammette invece che «Casini pone questioni serie» ma che «non c’è all’orizzonte l’ipotesi di un governo alternativo a quello voluto dagli elettori nè avrebbe senso il ricorso al voto anticipato, essendoci una maggioranza ampia che ha un programma elettorale da rispettare». Il ministro per l’attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, ritiene quella di Casini una «ipotesi che non ha alcuna ragion d’essere ed è priva di fondamento» e fa sapere che l’unico motivo per cui Berlusconi potrebbe valutare eventuali dimissioni anticipate sarebbe una sconfitta alle elezioni regionali. E il ministro Ignazio La Russa, che del Pdl è uno dei coordinatori nazionali, aggiunge: «Non credo che possa pensare a una riedizione di quei fallimenti disperati di chi non dice altro che no a Berlusconi. Ci ha già provato Prodi in passato con un segmento più piccolo»

FERRARA SU CRAXI “DIECI ANNI DOPO”

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Non fu una «morte amabile», di quelle che conferiscono «grazia alla nazione» secondo la formula dello scrittore ed esteta francese Paul Morand.

Fu una morte amarissima, senza riscatto, profondamente disperata, una morte che generò esteso e profondo senso di colpa, e non solo nella masnada di sodali e ruffiani fattisi censori e liquidatori del suo onore politico. Perfino i suoi persecutori, i magistrati codini che ne fecero il capro espiatorio della Repubblica dei partiti, una Repubblica che doveva scomparire a viva forza nella vergogna, ebbero un momento di soprassalto.

Spirò da Hammamet, 10 anni fa, un sentimento ineluttabile di tragedia. Le cure mancate e la viltà politica che avevano consegnato alla latitanza e all’esilio quel socialista garibaldino dell’Ottocento diedero la misura, alle soglie di un secolo nuovo, della ferocia di una stagione italiana fertile di ingiustizia, di libidinosa demagogia, di morbosa violenza politica.

La telefonata di Silvio Berlusconi mi aveva raggiunto nella redazione milanese del Foglio nel pomeriggio inoltrato del 19 gennaio 2000. Era molto commosso, in lacrime, e mi aveva detto semplicemente che era morto Bettino. Il dolore mio si era presto raffreddato nel compito professionale e politico di fare un decente giornale intorno alla notizia.

Scrissi cose vanamente politiche, discussi il tratto umano e personale dell’amico con il massimo possibile di sobrietà, affrontai il banale e me ne difesi a stento, come sempre succede nei coccodrilli, ma pensai che una eulogia non pomposa e sentimentale sarebbe piaciuta a quella bestia da politica militante, a quel trionfante animale totus politicus che Craxi era stato.

Craxi alla stazione di Bologna
1980, Bettino Craxi visita la stazione distrutta di Bologna

Il bene che gli volevo consisteva anche di un protocollo: sostegno alla sua complicata e intensa parabola di capo, amicizia leale non priva di infedeltà intellettuali, condivisione di anticomunismo e realismo del «fatto compiuto», autonomia reciproca di persone che avevano imprinting opposti (io il comunismo perduto dell’ex, lui il socialismo tradizionale di famiglia, ma con una peculiare apertura mentale proprio al mondo dell’exeità comunista).

L’aura di giornalista craxiano e rompicoglioni, arcinemico di quell’establishment che nei giornali contava e disponeva a proprio piacimento il plebiscito anticraxiano di ogni giorno, mi aiutò in certe furiose battaglie, e fu discretamente protettiva per gli sviluppi della mia qualunque carriera televisiva iniziatasi nella Raitre del maestro comunista-avanguardista Angelo Guglielmi (Bettino non ci credeva: «È troppo grasso» disse ad Antonio Ghirelli); e in nome di idee comuni ho preso anche un fracco di botte, diventando con lui e Berlusconi buon terzo nella classifica ufficiale degli «odiati e vilipesi» negli anni Ottanta.

Fino alla catastrofe morale della sera delle monetine, quando affrontò lo spirito linciatore dei tempi per venire da me in tv, scortato da un plotone di carabinieri, a dire la sua contro il fuoco di fila delle accuse («Da Ferrara l’ultima sfida al Paese» fu il titolo di Repubblica). Non andai al suo funerale per non intrupparmi con una folla rispettabile e amica, ma forse troppo varia e colorita per i miei sentimenti del momento. Il socialismo italiano, a cui non appartenevo nelle sue radici, si era veramente sfasciato con la caduta del suo ultimo capo, e ciascuno aveva fatto storia e pratica a sé, con qualche episodio molto imbarazzante di meschinità e poche risposte esemplari alla disdetta e all’impaccio del collasso e della brutalizzazione.

Parlai con Rino Formica, tra i pochissimi uomini verticali di tutta quella storia, e anche lui confessò di volere rinunciare al viaggio a Tunisi e Hammamet. Ci proponemmo di andare un anno dopo a posare un fiore sulla tomba dell’amico. Nemmeno la vita di Craxi era stata amabile, sebbene chi lo conosceva bene nell’intimità (la mia era un’amicizia politica, prima che personale) racconti di un tipo compagnone, che amava cantare, tirare tardi, vivere negli anfratti del piacere lasciati liberi dalla intensità e varietà di lavoro e di esperienza che era diventata tipica della comunità del potere italiano a partire dal dopoguerra, con la ricostruzione e i suoi spiriti.

Gli amici di sempre indicavano nella brutale trombatura di suo padre Vittorio, nelle elezioni del Fronte popolare dominate dai comunisti (1948), una delle ragioni forti del suo autonomismo e del suo schietto e mai rinnegato anticomunismo democratico, liberale, di sinistra. In Craxi c’erano gioia di vivere, spirito autenticamente ribaldo, indisponibilità a quelle pigrizie che fanno brutto e noioso il carattere burocratico della lotta politica.

“GRILLO E DI PIETRO? PATETICI PROTESTANO CONTRO UN MORTO..”

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All’odio ha opposto il disprezzo. Il disprezzo per chi scende in piazza contro un uomo politico, suo padre, che non c’è più. Il leader dei Socialisti uniti Bobo Craxi, figlio di Bettino, ha usato parole dure nei confronti dei manifestanti: «Di Pietro e Grillo – ha detto – sono un po’ patetici: fanno una manifestazione contro un uomo politico che non c’è più, un caso unico al mondo. C’è di che riflettere».
Di «squallore politico e civile» parla il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, secondo il quale comunque l’iniziativa si è risolta in un fiasco: «È una manifestazione nata nell’odio e per odio contro un grande leader scomparso come Craxi. È l’ennesima conferma della differente statura tra un gigante politico come Craxi e due gnomi come Grillo e Di Pietro. Ma quello che conta è il clamoroso flop di una manifestazione convocata da giorni e che ha usufruito di un grande “lancio” televisivo e giornalistico. Rifletteranno i due su questo insuccesso e su questa figuraccia?».


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occasione delle celebrazioni – - del decennale della morte di Bettino Craxi, Rai2 dedica oggi la prima serata allo statista socialista. Il tutto nell’ambito di uno Speciale Rai Educational La storia siamo noi, condotto da Giovanni Minoli.

A dieci dalla scomparsa di Craxi, La Storia Siamo Noi racconta uno dei leader più rappresentativi e discussi del Dopoguerra. A ripercorrere la sua storia che si intreccia profondamente con quella dell’Italia, tra gli altri, i familiari, gli amici, e i collaboratori. Interrogando, cosi’, la memoria di chi con Craxi ha vissuto e collaborato ma anche di chi contro il leader socialista ha a lungo combattuto.

Il programma, che secondo Minoli non ha alcun intento celebrativo ma sarà puramente storico, ha per titolo “Craxi. Ritratto di un leader” (di Carlo Durante e Antonello Savoca) e andrà in onda alle ore 21.05 su RaiDue.

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